Pubblicato da: F.C.N. | 17 febbraio 2017

7 uomini d’oro

Locandina del film 7 uomini d'oro

Locandina del film

Allora, ci sono: un inglese, un tedesco, un italiano, un portoghese, un irlandese, uno spagnolo, un francese e una donna fatale e attraente. La premessa, che parrebbe quella di una barzelletta sconcia, è invece il perno attorno a cui ruota una delle più riuscite commedie crime-spy-sci-fi italiane degli anni sessanta: il film 7 uomini d’oro diretto da Marco Vicario nel 1965.
Marco Vicario, ex attore divenuto in seguito produttore e regista, mette al centro della trama la propria stessa bella moglie, l’attrice Rossana Podestà, che si ricorda facilmente per aver interpretato tutta una serie di sandaloni come Ulisse, Elena di Troia Sodoma e Gomorra, ma che negli anni settanta legherà il proprio nome anche a quella commedia sexy, sovente diretta dal marito, che scava nei torbidi meandri dell’erotismo provinciale, senza tuttavia mai spogliarsi, ma facendo solamente intravvedere e immaginare, e riuscendo forse proprio per questo ben più attraente di tante altre attrici che invece ci hanno fatto vedere (quasi) tutto.
Successivamente a 7 uomini d’oro Marco Vicario si è poi dedicato infatti per tutti gli anni settanta a esplorare il rapporto tra sesso e italianità in tutta una serie di commedie erotiche efficaci e di buon gusto, trasponendo in pellicola anche soggetti tratti dai lavori di Piero Chiara (Homo Eroticus, 1971 e Il cappotto di Astrakan, 1979) e Vitaliano Brancati (Paolo il caldo, 1973). Divenendo così uno dei principali testimoni di quella felice stagione cinematografica italiana indagatrice dell’ipocrisia dalla doppia moralità e della morbosità per il sesso tipica della provincia italiana. Cinematografia che negli anni settanta ci ha regalato tanti film, alcuni autentici capolavori, altri pretestuosi e scadenti, ma quasi sempre divertenti, godibilissimi e allietati da colonne sonore meravigliose.

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Titoli di testa

Si può cominciare una recensione scrivendo “ma che bello che è 7 uomini d’oro“? No? Beh, invece io la comincio proprio così: ma che bello che è 7 uomini d’oro! La pellicola è infatti uno di quei coloratissimi, fumettosi filmoni di metà anni sessanta, sostenuti per di più da una straordinaria colonna sonora (in questo caso a opera di Armando Trovajoli, di cui però parleremo più avanti), a tematica precariamente in equilibrio tra commedia, crime, spy e fantascienza, ricco di citazioni e di invenzioni geniali, che lo rendono, giustamente, un film culto per le generazioni successive, come lo è anche, a pari merito, l’altrettanto piacevole Colpo maestro al servizio di Sua Maestà britannica, con l’altrettanto straordinaria colonna sonora (stavolta opera di Francesco de Masi) e con altro immenso cast capeggiato dal grande Adolfo Celi, che per altro appare anche nel terzo capitolo della trilogia dei 7 uomini d’oro.
Sì, perché non ve l’ho ancora detto, ma quella degli “uomini d’oro” è una trilogia composta da ben tre film: 7 uomini d’oro (1965), Il grande colpo dei 7 uomini d’oro (1966) e 7 volte 7 (1968). Marco Vicario dirige però solamente i primi due capitoli, mentre il terzo vede alla regia Michele Lupo. C’è poi il ben noto e sgangherato b-movie di fine anni settanta, diretto dalla spavalda mano di Alfonso Brescia, che si accoda alla “Star Wars Exploitation” di gran moda in quegli anni, sfruttando nel titolo (ma solamente in quello) il successone del film di Vicario, che ancora si trascina per tutti gli anni settanta, tant’è che continua a venire ristampata la colonna sonora anche all’estero (come vedremo innanzi), e cioè Sette uomini d’oro nello spazio.

Rossana Podestà

Rossana Podestà

In 7 uomini d’oro, come forse vi ho già detto, la prima cosa che salta agli occhi sono le grazie di Rossana Podestà, qui messe in bella mostra da vestitini aderentissimi e semi trasparenti, scollature ammiccanti, spacchi e tutto quell’armamentario sartoriale creato a bell’a posta per far rimanere gli uomini a bocca aperta. Sì, perché Rossana Podestà in questo film fa un figurone. È l’ammaliante Giorgia, amante del “professore”, inguainata in abitini estremamente alla moda e di sapore così smaccatamente psycho-beat-pop. E qui va una menzione alla costumista Gaia Romanini, per aver saputo far risaltare così bene le forme dell’attrice.
Giorgia appare, come una dea che scende dall’Olimpo a far visita a noi mortali, a bordo di una Rolls-Royce, fumando un sigaro (sua caratteristica che non abbandonerà mai in tutta la trilogia e che contenderà al proprio amante), in compagnia di Alberto “il professore”, elegante gentiluomo britannico appassionato di gingilli elettronici, impersonato da Philippe Leroy, che nei film italiani pare destinato a non fare mai il francese (ben noto è il suo portoghese Yanez, nel Sandokan televisivo di Sergio Sollima del 1976).
Costui ha messo assieme un manipolo di uomini con un nome che, come il suo comincia per “A”. Sono sei per la precisione, e provengono un po’ da tutta l’Europa occidentale. Sono i migliori nel loro campo, ladri e scassinatori esperti, così da poter mettere a segno un colpo da milioni di dollari o franchi svizzeri, se preferite, ai danni di una importantissima banca svizzera. Questi uomini sono: Adolf, il tedesco (Gastone Moschin); Aldo, l’italiano (Gabriele Tinti); August, il portoghese (Giampiero Albertini); Anthony, l’irlandese (Dario De Grassi); Alfonso, lo spagnolo (Manuel Zarzo); Alfred, il francese (Maurice Poli).

La riserva aurea della banca

La riserva aurea della banca

Eccoli già al lavoro: camuffati da operai comunali, stanno scavando nel sottosuolo così da arrivare sotto al caveau della banca attraverso condutture di acqua e gas. Giorgia ha già collocato una ricetrasmittente che segnala il punto esatto in cui scavare. Arrivati proprio sotto al pavimento della cassaforte, dove si trova la riserva aurea in lingotti d’oro, fanno un buco e attraverso un sofisticato marchingegno, fanno arrivare i lingotti nella “pancia” dell’autobotte che si erano portati appresso.
E tutta la scena del furto alla banca porta via una buona parte del film, perché ci fa stare in apprensione, perché la polizia è stata allertata da un falsario di documenti che ha procurato ai sei altrettanti passaporti falsi. E poi ci sono i vari elementi di disturbo che rischiano di mandare all’aria il piano ben congegnato dal “professore”: la guardia giurata della banca, vigili impiccioni, operai del gas troppo solerti.
Tutto fila comunque liscio e il carico di lingotti d’oro viene spedito in Italia, a una fonderia napoletana, da dove sarà prelevato da Alberto e Giorgia prima di venir fuso (viene fatto passare per ottone). Ma qui ecco che l’elemento femminile stravolge il piano del “professore”, o così almeno sembrerebbe: Giorgia era d’accordo con il direttore della banca svizzera per fregare Alberto, appropriarsi dell’oro e scapparsene sotto il naso degli altri complici con il nome che inizia per “A”.
Ma Giorgia e il direttore della banca sono arrivati troppo tardi, non hanno intercettato il carico di lingotti, che sono già finiti nel crogiolo assieme ad altri metalli così da formare una lega utilizzata nella costruzione di casseforti! Ma no, Alberto aveva previsto tutto: era un trucco per distrarre i due amanti e allontanare il poco zelante direttore di banca svizzero, riprendersi la bella Giorgia e fuggirsene con l’oro, che aveva già provveduto a dirottare altrove.
Ma gli altri 6, fermati alla frontiera a causa della loro fama e, soprattutto, dai passaporti falsi, sono arrivati a Roma e già sono sulle tracce dei due “capi” della banda che, ora, fanno di tutto per sfuggire dalle loro sgrinfie. Tutto inutile, perché i 6 li intercettano e proprio mentre stanno discutendo per spartirsi l’oro, al camion che lo trasporta si sgancia il freno a mano e il carico precipita così ai piedi del Colosseo dove ora la folla si accapiglia per spartirsi il malloppo.
Non resta che preparare un nuovo colpo, stavolta ai danni di una banca italiana.

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L’LP della colonna sonora

Pare che il film sia costato la bellezza di 44 milioni di lire dell’epoca e sia stato uno dei film più costosi della cinematografia italiana, almeno a detta di Wikipedia, che però non riporta la fonte dell’informazione. E vabbè, la prendiamo per buona. Vedendo il film, infatti, vien proprio da pensare che devono averci speso su un bel po’ di soldi per farlo. Tutta la scena del “buco” è creata ad arte, il tunnel, il sottosuolo della banca, il caveau e i lingotti d’oro sembrano talmente veri da far quasi pensare che si sia girato realmente nel sottosuolo e all’interno di una banca svizzera. Non sono gli scenari “di cartone” a cui spesso ci ha abituato il cinema italiano di quegli anni, geniale ma “povero”, e capace però di creare grandi film congeniandosi così da far di necessità virtù e sfruttare tutta la creatività di scenografi e truccatori, per spendere il meno possibile.
È un mistero, invece, il destino toccato alla colonna sonora di questa trilogia, in particolare del primo film, firmata da Armando Trovajoli. Di 7 uomini d’oro, oltre alla rarissima e costosissima (oltre i € 250.00, se volete una copia non gracchiante) stampa originale del 1965, ne esistono edizioni pubblicate in mezzo mondo, dal Brasile al Giappone, tra 1965 e 1976, compresa una stampa USA di abbastanza facile reperibilità e prezzo contenuto (una copia NM anche per meno di € 10.00, all’estero). Ma l’ultima ristampa italiana in vinile risale al 1980, in economica, per la serie Orizzonte della Dischi Ricordi. Vabbè, nessuno butta via neppure la ristampa in economica, se in buone condizioni. Dopo una ristampa in CD della CAM nel 1992 e pare anche una nel 1997, poi più niente. Del sequel Il grande colpo dei 7 uomini d’oro anche peggio: stampa originale italiana del 1966 (neanche a dirlo: sopra i € 150.00), solamente la ristampa giapponese. Del terzo film oltre all’LP del 1968 (non sognatevi di poterlo pagare meno di € 290.00) e ristampone giapponesi anni novanta, esiste invece una ristampa italiana del 2014, però in CD.
Ma come? Un simile commento sonoro è sfuggito al grande revival lounge scoppiato in Italia nel 1996 e grazie al quale a tutt’oggi continuano a essere ristampate in vinile bellissime colonne sonore della passata (eh, passata, passata) gloria del cinema italiano? Sembra di sì. E per il momento non sembrano esserci avvisaglie di una prossima ristampa in vinile di tanta meraviglia.
Meraviglia perché arricchita da brani strumentali favolosi, squisitamente jazzati, con quel sapore sofisticato e al contempo brioso e pop, “psycho-beat”, come si è preso a definirlo una ventina di anni fa, che ne rende l’atmosfera a-temporale, così moderna ed elegante, da poter risultare a tutt’oggi come uno dei migliori esempi di musica da film mai composta.

Scheda
titolo: 7 uomini d’oro
regia: Marco Vicario
sceneggiatura: Mario Vicario
produzione: Italia, Francia, Spagna
anno: 1965

Collegamenti
7 uomini d’oro nell’Internet Movie Database
7 uomini d’oro in Cinematografo.it
7 uomini d’oro su Discogs
7 uomini d’oro su Soundtrack Collector
7 uomini d’oro
 su Wikipedia


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